martedì 27 dicembre 2011

LOTTARE SEMPRE E COMUNQUE: IL DESTINO DELL'ESSERE DONNA!

Non credo ci sia bisogno di commenti: se chiediamo, andiamo zittite perchè abbiamo chiesto. Se non pretendiamo nessun maschietto offrirà di sua sponte o cederà di sua sponte....dobbiamo sempre e solo lottare....siamo con voi DONNE DELL'OCA!

Angela Ronchini

 

 

Palio, chiesero diritto di voto
Sospese 30 donne dall'Oca

La decisione è arrivata perchè le ocaiole si erano rivolte alla giustizia ordinaria, anziché agli organi interni



SIENA - Meno di un mese fa avevano ottenuto il riconoscimento del diritto di voto (a partire dal 29 aprile 2012) dall'assemblea della contrada. Ma la stessa contrada, quella dell'Oca, ha deciso ora di sospendere le 30 donne «ribelli» che hanno firmato il secondo ricorso in tribunale per ottenere il diritto di elettorato, anziché rivolgersi agli organi interni.
Un atteggiamento che ha fatto impuntare i vertici della contrada fino a decidere per la sospensione a tempo indeterminato. «Questa decisione serva per capire che tutto ciò che riguarda le contrade deve risolversi al loro interno - ha spiegato Antonio Degortes, figlio del popolare fantino Aceto e vicario alle pubbliche relazioni della contrada - se la prima volta abbiamo considerato giustificabile che queste signore si rivolgessero al tribunale, la seconda no».
Il vicario alle pubbliche relazioni della contrada dice che le donne «erano coscienti perfettamente che questo sarebbe stato il risultato finale- aggiunge Degortes - non è una minaccia contro di loro ma una tutela per il futuro, affinchè le discussioni avvengano dentro le contrade e non nei tribunali». La decisione dell'assemblea dell'Oca di allargare anche alle donne l'elettorato attivo e passivo è arrivata a inizio dicembre, dopo un dibattito di tre anni: nel 2008 le contradaiole erano uscite ampiamente sconfitte da un referendum interno; nel 2010 il giudice aveva respinto una loro richiesta, spiegando che un gruppo ristretto non poteva chiedere il diritto di voto per tutte le donne della contrada, comprese quelle che non avevano fatto ricorso in tribunale.
Allora le 30 hanno presentato un secondo ricorso prima che il cambiamento epocale arrivasse dall'interno. Così la sospensione è scattata lo stesso e ora nessuna delle 30 «sospese» ha voglia di parlare. Bocche cucite, quindi, tranne Degortes: «Il segnale c'è stato due anni fa, quando la contrada disse che si sarebbe adoperata per estendere la partecipazione delle donne. Ma invece di dare fiducia alla dirigenza dell'Oca hanno portato la questione in tribunale».

Da Il Corriere della Sera

mercoledì 7 dicembre 2011

E SE COI BOTTI DI CAPODANNO TORNASSE LA LIRA?

E se l’euro finisse durante i botti di Capodanno? E se cominciassimo il 2012 con la nuova lira convertita internamente 1 a 1 con l’euro attuale e libera di fluttuare nei confronti delle altre valute? Vi hanno forse detto che circolano studi sempre più dettagliati sulle conseguenze di un ritorno alla lira e che molte simulazioni prospettano risultati molto positivi per l’economia da tale scelta? Vi hanno detto che la data migliore per realizzare il cambio potrebbe essere proprio quella di Capodanno, con la possibilità di chiudere le banche e congelare le transazioni per alcuni giorni, minimizzando sia le complicazioni contabili (dato che l’anno sarebbe tutto nella stessa valuta) sia i danni per la produzione dato che sarebbe semplicemente una specie di lungo ponte festivo? No, e il fatto che non se ne parli è un mistero, perché niente di tutto questo può essere fatto senza il vostro consenso. 
Facciamo un passo indietro.
Se vi dicessero che il vostro cuore è malato, che non può andare avanti molto e che le uniche due possibilità di salvezza sono il trapianto o una protesi meccanica, di certo non sprechereste un minuto, vi informereste in fretta, valutereste i pro e i contro delle diverse alternative e soprattutto la fattibilità. Se ad esempio la soluzione preferita fosse il trapianto ma non vi fosse realisticamente alcun donatore, allora sarebbe quanto meno logico prepararsi in fretta per la protesi. In Italia invece la logica sembra fare difetto. Ormai anche i più lenti fra gli economisti si stanno convincendo che la soluzione definitiva della crisi è quella che da tempo andiamo evidenziando e che passa solo da due strade: da una trasformazione della Bce che gli consenta di garantire il debito dell’Eurozona (tutto) se necessario creando moneta (con inevitabile cessione di sovranità degli Stati ad un governo centrale dell’economia), oppure con il ritorno delle valute nazionali. Dato che la soluzione inizialmente più comoda, vale a dire la garanzia Bce, non è scontata e dipende da volontà esterne (Merkel in primis che sembra non ci senta) appare assolutamente stupefacente che il dibattito attorno all’unica delle due vie d’uscita possibili interamente dipendente dalla nostra volontà, il ritorno alla lira, sia nullo.
 A parte qualche voce isolata e qualche articolo di giornale un po’ folcloristico nessun dibattito serio, nessun partito che esprima un opinione in proposito, nessuna informazione. Nulla di nulla. È da quest’estate, quando c’era tempo e modo per pensare ai problemi veri che proviamo a mettere la questione sul tavolo. Silenzio di tomba. Anche il premiato sito di macinatori di numeri lavoce.info ha liquidato la questione con una paginettina (una) giuridica di Pietro Manzini per dedicarsi invece a comiche disamine quali lo studio dello spread fra i titoli di Stato italiani e quelli spagnoli, roba utile come un cono gelato dato a chi sta annegando.
 Invece occorre pensarci, da subito, da ieri, perché almeno una cosa dovrebbe essere chiara: non si può pensare che il parlamento in carica (e tanto più il governo dei tecnici) possa assumersi l’impegno di scelte così radicali senza interpellare il popolo, o con un referendum o per via di nuove elezioni dove questi temi siano parte integrante dei programmi elettorali.
Come la pensi Monti lo sappiamo dai suoi scritti, il suo punto di arrivo è l’Europa dei tecnocrati, un superparlamento che assuma anche la guida economica e fiscale lasciando agli stati nazionali (forse) l’autonomia sui colori delle fioriere. Se questo piano piace a tutti bene così, ma se alle forze politiche fosse rimasta un po’ di spina dorsale avrebbero il dovere morale di prepararsi all’alternativa anche perché non è detto che le tattiche dilatorie funzionino ancora, i mercati potrebbero far precipitare la situazione in qualsiasi momento e poi non avremmo più autonomia decisionale.
È bene quindi che la politica informi e si informi e che si apra un dibattito serio sul ritorno alla lira senza posizioni assolutiste (tipica: «sarebbe un disastro», come se il presente fosse il paradiso) mai supportate da uno straccio di ragionamento.
(ilgiornale.it)

lunedì 28 novembre 2011

IUS SOLI O IUS SANGUINIS?

Dico: ma se già non si integrano quando nel nostro paese ci vivono venti anni o più, volete che le facciano con un permesso di soggiorno scontato, quasi gratuito, attribuito per diritto, perché il figlio è nato in Italia? Credo proprio di no. Di più! Ritengo che se c’è un modo sballato per favorire l’integrazione degli stranieri nel nostro paese, è proprio quello di regalare la cittadinanza e conseguentemente il diritto di soggiorno. In questo modo infatti non si favorisce affatto l’integrazione, ma la si svaluta, perché non si chiede all’immigrato alcuno sforzo per integrarsi e ottenere il diritto alla cittadinanza, non gli si chiede di diventare parte di un sentimento nazionale unico, ma gli si chiede semplicemente di esistere, di trovarsi nel territorio italiano e di farci un figlio. Stop! È un po’ come se a un certo punto lo Stato decidesse di assumere tutti i disoccupati per il sol fatto che sono disoccupati. Sarebbe il tracollo della spesa pubblica e gli stipendi diventerebbero ridicolarmente bassi, ma talmente bassi da essere inconsistenti. E poi, diciamocela tutta, chi studierebbe più per un concorso? Chi mai acquisirebbe professionalità? Nessuno perché tanto lo Stato ti assume lo stesso.
Ma veniamo al dunque. Nell’Emilia Romagna, la rossa Emilia Romagna, è accaduto un fattaccio che non è neanche tanto insolito, seppure tremendamente drammatico. Un marocchino ha ucciso la propria moglie perché aveva smesso di portare il velo e perché dava una mano nella parrocchia del paese. È anche probabile – come riferiscono i giornali – che la donna si stesse avvicinando alla fede cristiana (ma non è stato acclarato). Ebbene questa voglia di integrarsi della donna, ha scatenato le ire del marito che l’ha uccisa a martellate, complice pure la volontà di lei di separarsi e di iniziare una nuova vita all’italiana.
Qualcuno ora potrebbe dire: beh, come ne capitano sempre. Anche gli italiani spesso si lasciano andare a questi atti di estrema violenza, soprattutto quando c’è di mezzo una separazione. È vero. Non si può negare questo. Ma è altrettanto vero che è difficile accettare l’idea che si arrivi a un siffatto gesto per il sol fatto che una donna straniera stesse cercando di fare quello che il marito in quasi venti anni di residenza italiana non aveva mai fatto: integrarsi, diventare parte di una società che nel bene e nel male lo ha accolto e gli ha dato un lavoro e una esistenza dignitosa, e senza guardare alla sua fede, cosa che nei paesi arabi invece fanno eccome. Un cristiano in quei paesi, compreso il Marocco (paese di origine della coppia), è un cittadino di serie B, maltollerato e spesso persino cacciato se non ucciso per la croce.
Ma non certo in Italia. Gli stranieri, indipendentemente dalla nazionalità e dalla fede, da noi sono rispettati e hanno tutte le opportunità di cui gode il cittadino italiano, sempre che sappiano coglierle nel rispetto della nostra cultura e delle nostre leggi. Eppure, c’è chi – come la sinistra – per gli stranieri vorrebbe corsie preferenziali e un credito illimitato (cittadinanza e diritto di voto), ottenuto senza fatica e senza un prezzo. In altre parole senza l’adempimento (o quasi) dei doveri economici, sociali e culturali richiesti per diventare italiani.
La verità è che – contrariamente a quanto propongono la sinistra e Napolitano – certi fenomeni di violenza legati a un’evidente difficoltà di integrazione e accettazione delle regole democratiche (difficoltà pure fondata su una indubbia diversità culturale), dovrebbero indurre la politica tutta a considerare ancor più preziosa la cittadinanza italiana, rendendola più difficile da ottenere. L’immigrato che intende acquistarla deve dare prova reale e concreta di essere diventato italiano prima nel cuore e nell’anima, e poi solo dopo, egli potrà coronare la sua ambizione di essere cittadino, con tutti i diritti politici che ne conseguono. Diversamente è come se stessimo regalando il nostro paese (la nostra cultura e i nostri valori) allo straniero. La cittadinanza per diritto di nascita, il permesso di soggiorno a prezzo di discount, non solo sono dannosi per l’integrazione, ma riflettono pure il grado di considerazione che abbiamo noi stessi della nostra identità nazionale. Cioè zero.

DA IL JESTER

giovedì 3 novembre 2011

REGIONE LOMBARDIA: UN ALTRO UN CASO DI DISCRIMINAZIONE DI GENERE?

ASSOCIAZIONE ARTICOLO51
Laboratorio di Democrazia Paritaria
Iscritta Albo Regionale Lombardia Num. 424


COMUNICATO STAMPA
REGIONE LOMBARDIA: UN ALTRO CASO DI DISCRIMINAZIONE DI GENERE?


Ass. Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria firmataria dell'Appello promosso in Consiglio di Stato contro il 15 a 1 espresso dalla Giunta Lombarda non rispettoso dell'equilibrio di genere, è costretta a prendere posizione ancora una volta contro comportamenti che ledono e discriminano le donne anche da parte dei consiglieri regionali.

Siamo costrette a sottolineare che , anche fra alcuni consiglieri dei partiti di maggioranza serpeggia una sottile vena di maschilismo.
Il Consigliere regionale Fabrizio Cecchetti, Lega Nord, ha pubblicato, all’interno del proprio sito internet un opuscolo che con precisione illustra il lavoro svolto dall'Aprile 2010 ad oggi ,dagli assessori espressione della Lega Nord in Giunta Regionale: di tutti , tranne che dell'assessore Monica Rizzi, l'unica donna presente in Giunta, fra l'altro collega di partito del Consigliere.
Siamo propense a pensare che sia stato un errore di impaginazione, che non ci fosse una volontà discriminatoria nei confronti dell'Assessore Rizzi, né che il Consigliere abbia pensato che esistano Assessorati di serie A e di serie B, certo non ci è piaciuto non vedere riconosciuto il lavoro dell'unica rappresentante donna, quasi l'essere donna non la ritenesse degna di considerazione per il lavoro fin qui svolto
Vogliamo credere ad un disguido tecnico a cui presto si porrà rimedio.
Il Consigliere Cecchetti dovrebbe,inoltre, sapere che, qualora il giorno 8 Novembre la Camera di Consiglio, per il nostro appello, decidesse in favore di una “sospensiva” , l'unico assessore non sospeso risulterebbe essere la collega di partito Monica Rizzi.

La Presidente
Dott.ssa Angela Ronchini







Via Stresa 16-20125- Milano
Tel. 0239440283
C.F. 98156740171

giovedì 27 ottobre 2011

DONNE SIETE PRONTE PER LA STORIA?

Ellen Johnson Sirleaf, Nobel per la pace 2011, è un tipo tosto. Si sente dalla voce. E non solo quando arringa dal palco con “donne, siete pronte per la storia?”. Anche al telefono, per un’intervista, procede con tono deciso.
La presidente della ricostruzione liberiana, apprezzata a livello internazionale per aver saputo mantenere la pace dopo 14 anni di guerra civile, in un’intervista pubblicata oggi sul “Corriere” sostiene che le donne al comando hanno una marcia in più rispetto agli uomini perché
“quasi tutte tendono a portare nel loro lavoro una quota extra di sensibilità per il fatto di essere madri”.
Parla della sua esperienza di capo di Stato della Liberia (prima donna eletta in Africa) e dice che in questi sei anni
“grazie al mio istinto materno abbiamo saputo rispondere a donne e giovani. Non a caso mi chiamano Mama Ellen. Nel mio Paese mi considerano la madre della nazione”. 
Ellen Johnson (Sirleaf è l’ex marito e padre dei suoi quatto figli) da un lato trasforma in vantaggio quello che per secoli ha relegato le donne all’interno delle mura domestiche (l’esperienza della maternità, appunto); dall’altro sembra proporre una “visione maternalistica” del potere che, come quella paternalistica, rischia di ridurre i cittadini a minorenni.

 Una visione originale, che non si ritrova in altre protagoniste della lotta per l’emancipazione delle donne, molte accorse la scorsa settimana da tutto il mondo a Rimini per le Giornate internazionali del Centro Pio Manzù dedicate quest’anno al XXI secolo come secolo delle donne.
Interessante l’intervento di Ngozi Okonjo-Iwela, ministra dell’Economia e delle finanze della Nigeria, premiata con la medaglia d’oro del presidente della Repubblica italiana, che ha detto:
“Non possiamo riprendere la crescita a ritmi accelerati se non sfruttiamo tutta la capacità produttiva di ogni parte della popolazione, incluse le donne. Non possiamo più permetterci il lusso dell’esclusione. C’è un proverbio i Nigeria che dice: “La mano destra lava la sinistra e se la sinistra lava la destra tutte e due si puliscono”
E ancora:
“Se ci fossero state Lehmann sisters anziché brothers non avremmo avuto i disastri registrati a livello globale”.
 Credete anche voi che le donne siano leader migliori, con una marcia in più, rispetto agli uomini?
La maternità le mette in una posizione di “vantaggio”? Oppure sono altri i punti di forza della leadership al femminile? 
Ps: tra l’altro la leader che la Sirleaf apprezza di più è la Merkel. Che  non ha figli…

mercoledì 26 ottobre 2011

INFORMATICA AL FEMMINILE

Ibm, una donna alla guida del gigante

La 53enne Virginia Rometty al vertice di Big Blue dopo l'addio di Sam Palmisano

da Il Corriere della Sera


La 53enne Virginia Rometty al vertice di Big Blue dopo l'addio di Sam Palmisano
Virginia R0metty ()
Virginia R0metty ()
MILANO - Una donna alla guida di Ibm: Virginia Rometty, detta «Ginni», diventerà dal primo gennaio del 2012 amministratore delegato e presidente del colosso informatico statunitense.
L'ADDIO A PALMISANO - Attualmente capo del marketing e senior vice president dell’azienda, la manager raccoglie il testimone del sessantenne Samuel J. Palmisano, che dopo aver lavorato come Ceo di Ibm per quasi dieci anni manterrà l’incarico di presidente del Consiglio di amministrazione. È la prima volta che una donna arriva a ricoprire il ruolo di Ceo dell’azienda informatica Usa. Cinquantatreenne, ingegnere, Rometty ha alle spalle una militanza trentennale in Ibm: ha infatti cominciato a lavorare nell’azienda nel 1981. La sua nomina estende il potere «al femminile» nel settore tecnologico, dopo che lo scorso mese Meg Whitman è stata scelta come amministratore delegato di Hewlett Packard.

venerdì 21 ottobre 2011

CON MERITO,NEL MERITO

Questa mattina il Ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna ha partecipato ad un convegno presso la sede centrale della Banca d'Italia per discutere sul ruolo delle donne nella crescita economica, ma anche di equità e uguaglianza.
“Sulla base di classifiche internazionali, l'Italia risulta essere un Paese che, in termini di divari di genere, è ancora lontana dagli standard della maggioranza degli Stati europei, ragione per cui abbiamo deciso, negli ultimi mesi, di correre ai ripari. Governo e Parlamento sono intervenuti in maniera decisa, su più fronti, allo scopo di risalire le classifiche” ha detto il Ministro Carfagna intervenendo all’appuntamento. “L'approvazione della legge sulle quote rosa nei cda – ha proseguito il Ministro per le Pari Opportunità - avvenuta di recente in Parlamento, ha già avviato un percorso importante di femminilizzazione di un contesto che, fino ad oggi, era stato quasi esclusivamente maschile e, certamente,  questo cambiamento, che è innanzitutto culturale, provocherà un effetto domino anche in quei settori non coinvolti direttamente dalla legge. Credo che la nostra società sia matura per strumenti che consentano un ulteriore passo avanti e, per questa ragione, ho presentato un disegno di legge, attualmente in discussione alla Camera, che riporterà la parità negli organi elettivi dei Comuni, introducendo la preferenza di genere, aggiuntiva e facoltativa. Contemporaneamente, visto che l'assenza di servizi, come emerge dagli studi presentati oggi, spesso costringe le donne a rinunciare al lavoro, abbiamo finanziato strutture che favoriscano la Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, come gli asili”.
In questa occasione il Ministro Mara Carfagna ha anche lanciato un appello al sistema bancario rispetto al risultato di alcuni studi, secondo cui nell’acceso ai fidi bancari le micro-imprese guidate da donne pagano un tasso di interesse dello 0,3%  più alto rispetto a quelle che hanno un uomo come titolare. “Tale differente trattamento non trova la propria giustificazione nel fatto che le imprese femminili siano più rischiose delle corrispondenti aziende al maschile, tenuto conto che le imprese guidate da donne tendono anzi a fallire di meno”, ha concluso.
18 ottobre 2011

mercoledì 19 ottobre 2011

A PROPOSITO DEI BLAC BLOCK.....

Non cadiamo nella loro trappola, non finiamo tutti quanti ostaggi dei violenti. Sono "solo" dei criminali, degli spiantati, gente che non vale l’inchiostro dedicato loro. L’errore è già stato commesso, consentendo loro di fermare i lavori dell’alta velocità in Val di Susa e lasciando credere che contino qualche cosa. Vanno solo individuati, arrestati e puniti, reprimendo una rete che non è un movimento politico (anche in quel caso andrebbe represso), ma un insieme di teppisti che puntano a imporsi scassando e a realizzarsi nella violenza. Quello fotografato nel mentre lancia un estintore dice: non sono un black bloc. Gli credo, più semplicemente è uno che merita la galera. Attenti anche a non credere che si debba limitare la libertà di tutti, per poterli ingabbiare. É sufficiente far funzionare la giustizia e affrontare senza paura i tanti che sono pronti a dir minchionerie sul disagio sociale, l’esclusione, le loro buone ragioni e la necessità di comprenderli. Non c’è un accidente da comprendere, questa è gente che sfascia per il gusto di sfasciare. Non servono leggi d’emergenza, semmai servono leggi ragionevoli e serie. Prendete il caso concreto delle telecamere e delle intercettazioni telefoniche: a Londra sono strumenti di prevenzione, utilizzati dalle forze dell’ordine, in Italia sono o materia per discutere (del tutto a sproposito) di privacy, oppure roba messa nelle mani dei magistrati che sbobinano per poi passare ai giornali. La legge deve cambiare, ma nel senso di offrire più garanzie ai cittadini e all'ordine pubblico, prendendo esempio dagli inglesi: le intercettazioni non sono prove, ma strumenti d’indagine, non si depositano e non si pubblicano, non arrivano al magistrato (se non in casi eccezionali), ma si usano per prevenire e per raccogliere prove, con le quali, in pochi giorni, si ottiene la condanna di chi mette a ferro e fuoco le piazze. Non lasciatevi distrarre da questi criminali, né lasciatevi traviare da chi vi suggerisce di doverli «capire». Se siamo nei guai è perché la nostra giustizia non funziona e non è capace di condannarli alla giusta pena (non esemplare, giusta). Corriamo dei rischi perché la giustizia ha deragliato. Rimettiamola sui binari e puniamo la teppa. Saremo più sicuri e più civili.
Davide Giacalone da Il Tempo

venerdì 7 ottobre 2011

A TRE DONNE IL NOBEL PER LA PACE

Oslo - Ellen Johnson Sirleaf, Leymah Gbowee, Tawakkul Karman. A queste tre donne va il premio Nobel per la Pace 2011. La Sirleaf è presidente della Liberia, la Gbowee, anche lei liberiana, è un avvocato. La terza donna è l’attivista yemenita Tawakkol Karman. Hanno portato avanti battaglie tra loro diverse ma accomunate dallo stesso fine: la piena partecipazione delle donne alla vita politica e civile e alla costruzione della pace. Secondo le intenzioni del comitato promotore il premio è un riconoscimento del rafforzamento del ruolo delle donne, in particolare nei paesi in via di sviluppo. Alla vigilia la Sirleaf era tra le favorite, insieme agli attivisti egiziani per la "primavera araba" e all'Unione europea. 
La Sirleaf è la prima donna a diventare presidente in Africa. E' arivata al potere nel 2005: la "Signora di ferro" è impegnata nella ricostruzione del suo Paese, devastato da 14 anni di guerra civile. che ha causato 250.000 morti. Economista, Master of Public Administration all’Università Harvard nel 1971, la Sirleaf va in esilio a Nairobi, in Kenya, nel 1980, dopo il rovesciamento dell’allora presidente William Tolbert. Torna in patria solo nel 1985, per partecipare alle elezioni del Senato della Liberia, ma quando accusa pubblicamente il regime militare viene condannata a dieci anni di prigione. Rilasciata dopo poco si trasferisce a Washington e torna in Liberia solo nel 1997 nel ruolo di economista, lavorando per la Banca Mondiale e per la Citibank in Africa. Corre per la prima volta alle presidenziali contro Charles Taylor nel 1997, ma raggiunge solo il 10% dei voti, contro il 75% di Taylor, che poi l’accusa di tradimento. Dopo la sua vittoria alle elezioni del 2005, Johnson-Sirleaf pronuncia uno storico discorso alle camere riunite del Congresso degli Stati Uniti, chiedendo il supporto americano per aiutare il suo paese a "divenire un faro splendente, un esempio per l’Africa e per il mondo di cosa può ottenere l’amore per la libertà". Johnson-Sirleaf è madre di quattro figli (due vivono negli USA e due in Liberia) e ha sei nipoti, alcuni dei quali vivono ad Atlanta. 
Leymah Gbowee è una militante pacifista e nonviolenta che ha contribuito a mettere fine alle guerre civili che hanno dilaniato il suo paese sino al 2203. Da poco ha pubblicato la sua autobiografia, "Mighty Be Our Powers: How Sisterhood, Prayer, and Sex Changed a Nation at War" ("La forza dei nostri poteri: come le comunità di donne, la preghier e il sesso hanno cambiato una nazione in guerra"). Tra le iniziative più note dell’attivista, di etnia Kpellè, nota anche come "la guerriera della pace", va ricordato "lo sciopero del sesso", un’iniziativa che costrinse il regime di Charles Taylor ad ammetterla al tavolo delle trattative per la pace.
Tawakkol Karman ha 32 anni, gli stessi da quando Ali Abdallah Saleh è presidente in Yemen. Da anni impegnati per i diritti umani, è divenuta la leader della protesta femminile contro il regime. Giornalista e fondatrice dell’associazione "Giornaliste senza catene" e militante nel partito islamico e conservatore Al Islah, primo gruppo di opposizione, nel gennaio di quest’anno è stata arrestata dalle autorità yemenite, costrette poi a rilasciarla sotto la pressione delle manifestazioni in suo sostegno, che hanno portato in strada migliaia di persone. 

da  Il Giornale
 

mercoledì 5 ottobre 2011

DOVER RICORRERE AL CONSIGLIO DI STATO PER UN DIRITTO SANCITO....

ARRIVARE IN REGIONE. SPINTE DAI GIUDICI

Da Arcipelagomilano.it

4-10-2011 by D. Martini e A. Ronchini  Stampa
Due associazioni femminili milanesi, Articolo 51 e DonneInQuota, hanno deciso di promuovere l’appello in Consiglio di Stato contro la sentenza del TAR Lombardia di Febbraio di quest’anno, continuando così il percorso iniziato la scorsa estate.  Perché hanno impegnato tempo e risorse in una battaglia di diritti difficile, sconosciuta ai più, ignorata da giornali e TV? Perché dal 2005 a oggi le donne italiane sono costrette a lottare a colpi di ricorsi al Tar per vedere rispettato un articolo della Costituzione?
L’avvocato delle associazioni, Massimo Clara, ha commentato così la sentenza “Il Tar ha ritenuto – sbagliando – che le norme a tutela dell’equilibrio nella rappresentanza siano solo programmatiche, e non precettive: siano insomma una dichiarazione d’intenti, senza costituire obblighi giuridici. Ma oggi ampia giurisprudenza contrasta quest’approccio, che tra l’altro svilisce lo Statuto della Lombardia e l’applicazione dei principi della nostra Costituzione”. Perché Articolo 51 e DonneInQuota hanno impegnato tempo e risorse in una battaglia di diritti difficile, sconosciuta ai più, ignorata da giornali e TV?
La pari rappresentanza politica negli organi elettivi è un diritto sancito dall’Articolo 51 della Costituzione Italiana. Inoltre, Regione Lombardia ha nel suo Statuto una precisa norma che recita all’articolo 11 quanto segue: “La Regione riconosce, valorizza e garantisce le pari opportunità tra uomini e donne in ogni campo, adottando programmi, leggi, azioni positive e iniziative atte a garantire e promuovere la democrazia paritaria nella vita sociale, culturale, economica e politica” .
Questa norma è stata chiaramente disattesa dalla composizione della Giunta uscita dalle elezioni del 2010, e pensare che, quando è stato pubblicato nel settembre 2008, lo statuto di Regione Lombardia era l’unico Statuto in Italia a parlare di democrazia paritaria! Una sola assessora, per di più in assessorato di secondo piano, ininfluente dal punto di vista decisionale, non può essere il rispetto del “riconosce, valorizza e garantisce ….”. La battaglia delle Associazioni Articolo 51 e DonneInQuota, è appunto una battaglia per il rispetto delle regole. Dal 2005 a oggi sono quasi una ventina i ricorsi in tutta Italia per giunte monogenere o con solo una donna e da febbraio di quest’anno alcune sentenze hanno stabilito il principio della parità della rappresentanza di genere (Regione Campania, Roma, Regione Sardegna), per cui non possiamo tollerare che in Lombardia si faccia finta di nulla.
Non è ammissibile che in un momento economico così difficile si rinunci al Fattore D, proprio in Lombardia, motore economico, innovativo, europeo del Paese Italia, non è tollerabile che la Regione che ospiterà Expo 2015, non attui il principio di riequilibrio di genere. Soprattutto dopo il risultato delle recenti elezioni, che ha portato a una giunta della città di Milano formata al 50% da donne e uomini. Sono 5.000.000 le donne lombarde ad alta scolarizzazione che votano e pretendono di essere rappresentate e non è accettabile che di queste donne non si sia tenuto conto.
Ci aspettiamo molto dal verdetto del Consiglio di Stato, anche in previsione di una riforma della legge elettorale che, se venissero reintrodotte le preferenze, vedrebbe sicuramente pagarne il prezzo maggiore proprio le donne, che – come ben sappiamo – non vengono sempre supportate dalle segreterie di partito.

Angela Ronchini – Articolo 51
Donatella Martini – DonneInQuota

lunedì 26 settembre 2011

REGIONE LOMBARDIA: MA QUALE PARITA'?

COMUNICATO STAMPA
Regione Lombardia: ma quale parità?
Una donna su 16 Assessori...vergogna!


L'ASSOCIAZIONE ARTICOLO51 (Laboratorio di Democrazia Paritaria) dice no e ricorre al Consiglio di Stato


Milano (26 settembre 2011) - L'Associazione Articolo 51, Laboratorio di Democrazia Paritaria, informa che tramite gli Avvocati Massimo Clara e Cinzia Ammirati, ha promosso l'Appello presso il Consiglio di Stato in merito alla sentenza del TAR Lombardia del 4 febbraio 2011, seguita al ricorso presentato a impugnazione dei decreti di nomina degli Assessori che ha definito un 15 a 1 inaccettabile: su 16 Assessori nominati soltanto uno è donna!

La composizione della Giunta di Regione Lombardia viola, quindi, incontestabilmente, l'equilibrio di genere. La nomina di una sola donna in qualità di Assessore, infatti, non risponde e non può rispondere al principio non solo delle pari opportunità, ma anche di un semplice riequilibrio tra i sessi.

Abbiamo atteso per mesi un segnale di sensibilizzazione e considerazione da parte del Presidente Formigoni che ci portasse a vedere una volontà di cambiamento per una Giunta che in materia di Pari Opportunità è la maglia nera in Italia, ma le nostre attese sono state vane.

Troviamo disdicevole che una così grave mancanza avvenga proprio in una regione, come la Lombardia, che è  traino dell'innovazione e dell'economia italiana e che ospiterà Expo 2015, evento voluto e costruito da un Sindaco donna e, benchè comprendiamo che gli interessi di coalizione abbiano ancora una volta prevalso sulle logiche di cambiamento, non possiamo permettere, tanto più in un
momento di grave crisi sociale, economica, finanziaria, politica, che la Lombardia dia un segnale così negativo per “l'altra metà del cielo” che molto contribuisce al fare in ambito lavorativo dando esempio a tutta Italia.

Ci auguriamo che venga presto fatta giustizia.


La Presidente
Dr.ssa Angela Ronchini

domenica 25 settembre 2011

DATO CHE CI RIFIUTIAMO DI EMARGINARE LE DONNE......

Questa bellissima frase è stata pronunciata da Re Abdullah dell'Arabia Saudita che ha annunciato di fronte agli ulema , la volontà di inserire le donne nella politica. Certo la cosa non sarà immediata, le prime candidate potranno esserci tra 4 anni, ma la svolta è epocale per un Paese che è integralista e in cui alle donne non è permesso nemmeno guidare. Abbiamo letto che "la strada della parità è ancora lunga e lontana nel tempo",perché da noi è vicina?
Il DDL sulle quote cosidette "rosa" nei CdA  è stato posticipato nel suo essere operativo, proprio perchè non fosse necessario nominare donne negli 11 CdA  a scadenza quest'anno.
Una cosa è, però certa, e ci fa sentire indietro: noi dobbiamo ricorrere ai Tribunali per far applicare le leggi esistenti sulla parità, vedi Regione Lombardia e susseguente ricorso promosso in Consiglio di Stato,lì stanno cominciando ora e per volontà del potere ....quattro anni sono un tempo brevissimo secondo i tempi e i costumi sauditi. Fra quattro anni le donne saudite siederanno nelle Giunte dei Comuni: noi, molto probabilmente, se non ci saranno sentenze clamorose, saremo ancora qui a sentirci dire che le quote ci umiliano ....e intanto nonci eleggono!
Angela Ronchini
Ass. Articolo 51
Laboratorio di Democrazia Paritaria

Il re d’Arabia saudita Abdullah bin Abdul Aziz ha annunciato oggi che le donne entreranno a far parte della Shura (il Consiglio consultivo) del regno a partire dalla sua prossima sessione e che potranno candidarsi alle prime elezioni municipali che seguiranno quelle del 29 settembre, per loro ancora vietate. Contestualmente alla possibilità di candidarsi alle municipali, il sovrano ha anche concesso alle donne il diritto di voto.

Re Abdullah ha fatto l’annuncio davanti alla Shura: «Dato che rifiutiamo di emarginare le donne in tutti i ruoli della società che sono conformi alla Sharia - ha affermato il monarca - abbiamo deciso, dopo consultazioni con i nostri consiglieri religiosi, di inserire le donne nella Shura come membri a partire dalla prossima sessione». «Le donne - ha aggiunto - potranno candidarsi alle elezioni municipali e avranno anche il diritto di voto». E' la prima volta che alle saudite viene concesso il diritto di voto e di eleggibilità in uno scrutinio in questo regno ultraconservatore dove sono ammesse solo le elezioni municipali.

Le prossime elezioni a cui potranno partecipare dovrebbero svolgersi fra quattro anni. La metà dei 285 seggi dei consigli municipali è elettiva mentre l'altra meta è di nomina del governo. Il Majlis al Shura aveva raccomandato di autorizzare il voto alle donne ma non di candidarsi alle prossime elezioni locali che si terranno fra quattro anni, secondo fonti ufficiali.

mercoledì 21 settembre 2011

FINALMENTE CI SIAMO!

ASSOCIAZIONE ARTICOLO51
Laboratorio di Democrazia Paritaria

Milano 16/09/2011

COMUNICATO


Associazione Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria informa che tramite gli Avv. ti Massimo Clara, Cinzia Ammirati ha promosso l'Appello presso il Consiglio di Stato in merito alla sentenza del TAR Lombardia del 4 Febbraio 2011,seguita al ricorso presentato a impugnazione dei decreti di nomina degli Assessori che ha definito un 15 a 1 inaccettabile: su 16 Assessori nominati soltanto uno è donna!
E' noto che la composizione della Giunta Regione Lombardia viola l'equilibrio di genere nella sua composizione,pur essendo,infatti, rappresentati entrambi i generi, appare incontestabile come la nomina di una sola donna quale Assessore, non risponda e non possa rispondere al principio non solo delle pari opportunità, ma anche di un semplice riequilibrio di genere.
Abbiamo atteso per mesi un segnale di sensibilizzazione e considerazione da parte del Presidente Formigoni che ci portasse a vedere una volontà di cambiamento per una Giunta che in materia di Pari Opportunità è la maglia nera in Italia, cosa non accettabile nella Regione traino dell'innovazione e dell'economia italiana, nella Regione che ospiterà Expo 2015, voluto e costruito da una donna Sindaco,nella Regione che si vanta essere la più vicina all'Europa.
Comprendiamo che gli interessi di coalizione abbiano ancora una volta prevalso sulle logiche di cambiamento, ma non possiamo permettere che Regione Lombardia dia un segnale così negativo per “l'altra metà del cielo” che molto contribuisce al fare della Lombardia quella Regione che è esempio per l'Italia intera.
In un momento di grave crisi sociale, economica, finanziaria, politica, non è accettabile rinunciare al contributo delle donne e non è accettabile che a questa rinuncia dia spazio proprio Regione Lombardia, traino e esempio di lavoro e produttività per il Paese intero.

La Presidente
Dr.ssa Angela Ronchini





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