martedì 18 dicembre 2012

INTERROGAZIONE DELL'ON.SBAI

Interrogazione a risposta scritta 4-18854

presentata da
SOUAD SBAI
martedì 4 dicembre 2012, seduta n.728
SBAI. -
Al Ministro degli affari esteri.
- Per sapere – premesso che:
i due marò italiani, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, sono detenuti in India da dieci mesi;
il diritto internazionale prevede che gli organi dello Stato siano immuni dalla giurisdizione penale dello Stato straniero quando svolgono attività iure imperii;
la giurisdizione sui fatti commessi dai propri organi in territorio straniero spetta allo Stato di nazionalità;
il difetto di giurisdizione è ancor più palese se si fa riferimento al fatto che l’episodio è avvenuto al di fuori delle acque territoriali indiane e quindi in acque internazionali;
molte azioni di sollecito e di pressione sono state fatte sull’India ma finora senza esito;
non si conosce al momento la condizione, fisica e psicologica, dei due Marò ingiustamente detenuti;
lo Stato indiano non appare orientato a riconoscere la giurisdizione italiana sui due fucilieri, ad avviso dell’interrogante violando di fatto il diritto internazionale -:
come intenda il Governo procedere su questa vicenda;
se intenda il Governo porre in essere iniziative ulteriori sul piano politico-diplomatico nei confronti dell’India;
come intenda il Governo agire in sede internazionale per riportare a casa i due Marò, da troppo tempo ingiustamente detenuti;
se intenda il Governo fornire elementi relativamente alle condizioni di salute, fisica e psicologica, dei due fucilieri;
se intenda il Governo sollecitare l’Unione europea affinché si faccia parte attiva presso l’India per il ritorno dei due Marò in Italia.(4-18854)

giovedì 6 dicembre 2012

E SIA ANCORA VITTORIA!

ANCORA UNA VITTORIA: LE DONNE RECLAMANO IL PROSCENIO!


Milano-6/12/2012-Ass. Articolo 51 Laboratorio di democrazia Paritaria, unitamente a MIDATT Movimento Donne Attive in Politica,comunica che un'altra importante battaglia per la parità di genere che porti all'equilibrio tra maschile e femminile nella composizione delle Giunte vincolando i poteri discrezionali del Sindaco al rispetto non solo delle normative nazionali ed europee, ma dell'Articolo 51 della Costituzione così come formulato nel suo concetto di pari diritti tra uomini e donne, anche nell'accesso alla gestione della res pubblica, è stata vinta: il Tar Salerno ha infatti accolto il ricorso da noi presentato insieme al Consigliere Pacia, contro la Giunta monogenere composta dal Sindaco dopo le elezioni dello scorso Maggio, dichiarandone la illegittimità e ordinandone la ricomposizione.
Sempre più viene affermandosi la nostra determinazione di donne ad uscire da dietro le quinte ed esigere un ruolo di proscenio senza se e senza ma.
La Presidente
Angela Ronchini
Ass. Articolo 51 Laboratorio di democrazia Paritaria

Per leggere la sentenza
http://www.giustizia-amministrativa.it/WEBY2K/ElencoSentenze.asp

mercoledì 5 dicembre 2012

E UN ALTRO PASSO AVANTI NELLA PARITA' E CONDIVISIONE LO FACCIAMO....

Famiglia/ Ronzulli (Pdl): Bene congedo parentale orario; E' strumento utile per entrambi i genitori

Roma, 4 dic. (TMNews) - "La scelta di introdurre il congedo parentale orario anche nel nostro Paese rappresenta una decisione in grado di spostare finalmente l'attenzione dal concetto di 'maternità' a quello di 'genitorialità'". Lo ha dichiarato in una nota Licia Ronzulli, europarlamentare del Pdle membro della commissione Occupazione e Affari Sociali.

"Anche i papà, d'ora in avanti, avranno la possibilità - ha sottolineato - di gestire meglio il proprio tempo a casa per dedicarsi ai propri figli, in quanto questa decisione permetterà un frazionamento del congedo ad entrambi i genitori".

"In questo modo, invece di assentarsi del tutto dal posto di lavoro, l'orario - ha sottolineato Ronzulli - potrà essere diminuito in maniera più equilibrata, usufruendo così di un periodo di congedo in proporzione più lungo e facilitando la conciliazione vita privata-professionale a entrambi".

"Questa decisione - ha concluso l'esuroparlamentare del Pdl - allinea il nostro Paese a quanto già avviene in altri Stati Europei, dove simili politiche a tutela della famiglia hanno già dimostrato tutti i loro vantaggi. Auspico ora che l'Europa riporti al centro della propria agenda istituzionale l'approvazione della direttiva sul congedo di maternità ancora bloccata in Consiglio da egoismi nazionali".

giovedì 29 novembre 2012

E POI DICONO CHE NON DOBBIAMO ANDAR PER TRIBUNALI!

 NONOSTANTE SENTENZE ED AZZERAMENTI I MASCHIETTI ANCORA SI ARROGANO DIRITTI DI MAGGIORANZA O SEMPLICEMENTE PREPARANO IL TERRENO PER NON CEDERE ANCHE UN SOLO STRAPUNTINO!


I Signori politici maschietti, ci spieghino per quale diritto divino o per quale norma, essendo noi in maggioranza come cittadine, dobbiamo essere in sootominoranza neegli organi elettivi e decisionali di governo del territorio. Ci chiariscano per quale ragione nelle Giunte debbano essere in maggioranza un numero di assessori di gebnere maschile: l'Italia ha bisogno di rinnovamento...dopo 60 anni di politica al maschile, con le conseguenze che viviamo, ora tocca a noi....certo peggio non potremmo fare!

Comunicato Stampa
>>
>> Nuovo Statuto comunale
>> Cirinnà – Azuni: ”Colpo di coda maschilista per quota minoritaria di donne in giunta”
>>
>> “Quattro assessore su dodici nella giunta Capitolina che verrà è un rapporto di sfiducia inaccettabile e che relega le donne ad un rappresentanza minoritaria nell’esecutivo del comune di Roma.
>>
>> La proposta di nuovo statuto di Roma Capitale avanzata dalla commissione riforme istituzionali, di cui apprendiamo il contenuto dalla stampa, è un meschino colpo di coda maschilista contro quelle che vengono impropriamente definite ‘quote rosa’ che solo una composizione paritaria del 50% potrà definitivamente cancellare.
>>
>> E’ incredibile che la commissione riforme istituzionali composta peraltro da soli uomini non abbia ritenuto opportuno raccordarsi con la Commissione delle Elette sul tema della rappresentanza di genere, ma abbia pensato di adottare un testo più restrittivo dell’attuale e assolutamente squilibrato in favore degli uomini.
>> Le norme dello statuto vigente prevedono infatti una ‘equa composizione di genere’ della giunta comunale. L’attuale Sindaco, contravvenendo alla disposizione su tali norme, è stato costretto dal TAR per ben
>> 2 volte a rivedere la sua giunta su ricorsi da noi proposti e vinti.
>>
>> In occasione dell’ultimo rimpasto di giunta, nel replicare al Sindaco che presentava la nuova assessora con delega alla casa e patrimonio, dichiarammo in modo chiaro e deciso che non avremmo accettato quote di genere nel nuovo statuto ma solo un esplicito riferimento al 50% di presenza di donne in tutti i ruoli esecutivi dell’amministrazione siano essi la Giunta , di Comune o Municipio, il Cda di una azienda capitolina, dirigenza apicale
>> e amministratori delegati.
>> La bozza della commissione riforme istituzionali del Comune di Roma, in controtendenza con la recente legge elettorale approvata dal Parlamento lo scorso 13 novembre , le cui normativa prevede per le autonomie locali la doppia preferenza di genere, intende fissare ad un terzo la presenza delle donne nella futura giunta capitolina restringendo così una interpretazione tendente invece ad un rapporto paritario e sbilanciando a favore degli uomini la rappresentanza nel futuro governo della città.
>> Nel ritenere grave e inaccettabile quanto avvenuto abbiamo immediatamente fatto richiesta di una riunione congiunta tra Commissione delle Elette e Commissione Riforme Istituzionali, chiedendo al Segretario Generale di non dare corso all’ulteriore iter della proposta fintanto che sul provvedimento non sia stato espresso il parere della Commissione delle Elette.”
>>
>> E’ quanto dichiarano la Presidente e la vice-presidente della Commissione delle Elette Monica Cirinnà e Gemme Azuni.



martedì 20 novembre 2012

SOSTENIAMO ILEANA...E' TUTTE NOI!




 NON POSSIAMO TOGLIERE IL DOLORE ED IL RICORDO AD ILEANA, MA POSSIAMO FARLE SENTIRE CHE NON E' SOLA: VENERDI' 23 DAVANTI IL TRIBUNALE DI MILANO IN TANTE PER DIRE BASTA A RINVII....

per info: 3349455338
             0289778754 





Lei si chiama Ileana Zacchetti, ha 52 anni ed è assessore alle Politiche sociali e alle Pari opportunità del Comune di Opera, nel milanese. Lui ha una professione di prestigio e un nome che qui non sarebbe giusto ricordare. Oggi quel pomeriggio di settembre di due anni fa pare lontano anni luce. A ottobre Ileana incontrerà di nuovo il suo Lui. In un’aula di tribunale. Prima udienza per un processo in cui si parlerà di maltrattamenti, violenze, lesioni aggravate. E di un dolore profondo.
Eppure quel giorno, a Firenze, Ileana in quell’anello aveva letto una promessa di felicità. Non sono stati solo i brillanti a sedurla. Forse un desiderio, un’attesa. La donna impegnata, dopo anni, si concedeva di cedere a un’emozione.
«La mia è stata una vita complicata — racconta — Ora ho due figlie grandi. Da quando io e mio marito ci siamo lasciati, 13 anni fa, avevo pensato sempre e solo a loro. Non volevo che una relazione potesse turbare la loro crescita di ragazze che avevano già dovuto affrontare la separazione dei genitori. Ma di fronte a quell’anello, a quel corteggiamento, a quelle dozzine di rose che arrivavano in ufficio accolte dallo stupore delle mie collaboratrici, mi sono lasciata andare alla speranza di una felicità sognata da sempre. Ho pensato che, infine, fosse, arrivata anche per me la stagione del sorriso».
Ileana convive dalla nascita con una forma di displasia bilaterale che comporta serie difficoltà nel camminare e la costringe a usare una stampella. Ma è maestra nel darsi coraggio. A tratti pare abbia la capacità di trasformare la sofferenza in un carburante per affrontare nuove e faticose imprese. Naturalmente a Opera l’assessora è molto conosciuta e stimata. «Mi sono chiesta se non fosse il caso di fare finta di nulla e non denunciare. Ma me ne sarei vergognata — racconta oggi —. Chi può andare fino in fondo se non le persone che come me hanno un ruolo pubblico e credono in ciò che fanno? Lo devo alle donne e agli uomini che incontro ogni giorno».
E allora avanti con un racconto sempre più sofferto:
«Già diverse volte lui aveva avuto nei miei confronti comportamenti violenti: spintoni, urla, offese. Anche solo un sorriso a chi si avvicinava per chiedermi un aiuto, un intervento a favore di una famiglia in difficoltà, poteva bastare perché si scatenasse l’inferno. Avrei dovuto ribellarmi subito; invece ho inghiottito lacrime e umiliazione. Poi, però, arrivavano di nuovo fiori, scuse, abbracci. E io tornavo a sperare».
Questo fino a un tremendo pomeriggio di primavera dell’anno anno scorso. «Eravamo a casa sua, avevamo litigato per l’ennesima volta — continua Ileana -. Questa volta gli presi il viso tra le mani e gli dissi: «Adesso basta, tra noi è finita». Pugni, schiaffi. Sono caduta a terra. Mi ha rimesso in piedi tirandomi su per i capelli. Ancora schiaffoni. Nelle sue mani ero un burattino rotto. Poi mi ha presa per il collo. Ha aperto la porta e mi ha gettata fuori, verso la balaustra del pianerottolo. Per fortuna porto il cellulare sempre in tasca. Sono scesa come ho potuto. In quel momento non ragionavo più, tutto era confuso: i ricordi si mischiavano al dolore e all’umiliazione. A chi rivolgermi? Le mie figlie no, non volevo farmi vedere da loro in quelle condizioni, anche se più tardi, alla prova dei fatti, non le ho potute difendere dal dolore immenso che provavo. Arrivata a casa ho chiuso la porta dietro di me. E mi sono buttata per terra, travolta dalla disperata consapevolezza di quanto avevo subito».
Ora Ileana sta facendo il massimo per dotare il suo territorio di servizi adeguati per le donne decise a reagire ai maltrattamenti dei loro uomini.
«Ho sperimentato sulla mia pelle come i pronto soccorso, non specializzati in casi del genere, spesso non siano attrezzati per affrontare situazioni così delicate sul piano psicologico. L’informazione dei servizi e delle associazioni esistenti non sono sufficientemente supportate e conosciute dalle persone in difficoltà e bisognerebbe rafforzarne la rete sul territorio. Il lavoro da fare è tanto. E io ho giurato alle mie figlie che andrò fino in fondo».
Rinvio dell’udienza dal 26 ottobre al 23 novembre,ora ennesimo rinvio … a quando??? E la tortura prosegue.
Ileana

lunedì 19 novembre 2012

BASTA VIAGGIARE PER TRIBUNALI!


IL FATTORE D E' STANCO DI ANDARE PER TRIBUNALI!


Milano-19- Novembre-2012- Ass. Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria informa che si terrà Mercoledì 21 Novembre presso il Tar Lombardia l'udienza di merito in seguito all'impugnazione della seconda Giunta Formigoni, quella del 13 a 1, già conseguenza di una rimpasto dovuto all'ordinanza cautelare emessa dal Consiglio di Stato lo scorso 11 Gennaio.
Nonostante il forte richiamo il Governatore Formigoni si limitò a colorare di un rosa leggermente più acceso, una Giunta che avrebbe dovuto essere, paritaria nei generi.
Le donne di Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria, unitamente alle donne di Donnein Quota, coraggiosamente decisero per un secondo ricorso.
Dopo la vittoria e la sentenza epocale del 21 Giugno in Consiglio di Stato che ha sancito l'obbligo a Giunte paritarie, pur essendo decaduta la Giunta impugnata, riteniamo essere un nostro dovere ottenere un giudizio di merito che riaffermi senza se e senza ma il diritto ad una equa rappresentanza di genere nei luoghi del decidere sia regionali che nazionali, perché ci siamo stancate di “andare per tribunali” e crediamo che un nuova sentenza di condanna ,possa essere di monito, in periodo elettorale, a quanti sembrano ignorare il rispetto delle norme nel tentativo di allontanare dalla gestione della cosa pubblica quel Fattore D, che può portare la vera innovazione, trasparenza, efficienza per un cambiamento vero e non puramente solo di facciata.

mercoledì 31 ottobre 2012

FIRMATA LA CONVENZIONE DI ITSAMBUL CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

Convenzione del Consiglio d'Europa contro la violenza sulle donne

Il Ministro del Lavoro, delle Politiche Sociali e delle Pari Opportunità Elsa Fornero, alla presenza del Vice Segretario Generale del Consiglio d’Europa Gabriella Battaini-Dragoni, ha firmato a Strasburgo la Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne e la violenza domestica. La firma segue la mozione unitaria del Senato su questo tema votata il 20 settembre ed è accompagnata da una nota verbale in cui si specifica che la firma avviene nel rispetto dei principi della Costituzione italiana.

Nel loro incontro a Strasburgo, al quale ha preso parte anche il Sottosegretario agli Esteri Marta Dassù, il Ministro Elsa Fornero e il Vice Segretario Generale del Consiglio d’Europa Gabriella Battaini-Dragoni hanno sottolineato che la firma della Convenzione da parte dell'Italia è un passo fondamentale per proseguire l’azione del Paese contro queste forme di violenza che colpiscono le donne e le bambine.

La Convenzione di Istanbul, aperta alla firma l’11 maggio del 2011, costituisce oggi il trattato internazionale di più ampia portata per affrontare questo orribile fenomeno e tra i suoi principali obiettivi ha la prevenzione della violenza contro le donne, la protezione delle vittime e la perseguibilità penale degli aggressori. La Convenzione mira inoltre a promuovere l’eliminazione delle discriminazioni per raggiungere una maggiore uguaglianza tra donne e uomini. Ma l’aspetto più innovativo del testo è senz’altro rappresentato dal fatto che la Convenzione riconosce la violenza sulle donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione.

All’indomani dell’approvazione in Senato del DDL di ratifica della Convenzione di Lanzarote per la protezione dei minori dall’abuso e dallo sfruttamento sessuale, il via libera alla firma della Convenzione di Istanbul ha rappresentato l’ulteriore segnale di una piena “consapevolezza che è di conforto al Governo” - afferma il Ministro Fornero - “e gli dà la forza per continuare in questa azione di diffusione di una cultura che rifiuti la violenza e la sanzioni, ma soprattutto che faccia crescere in ciascuno di noi qualcosa di positivo proprio nell’accettazione del prossimo”. E proprio sulla scia della recente approvazione del disegno di legge di ratifica della Convenzione di Lanzarote, l’auspicio è che il disegno di legge di ratifica della Convenzione di Istanbul, di prossima presentazione, possa ricevere la stessa condivisione in sede parlamentare e venga approvato in tempi rapidi.

“Desidero sottolineare l'aspetto innovativo della Convenzione del Consiglio d'Europa alla cui elaborazione l'Italia ha molto contribuito - afferma il vice-Segretario Generale Gabriella Battaini-Dragoni; la Convenzione di Istanbul è una delle ultime preparate a Strasburgo e può essere ratificata anche da paesi non europei come quelli della politica di vicinato”.
27 settembre 2012
Documenti:

martedì 30 ottobre 2012

RIPETIAMO: NON SIAMO NE' POSTI IN CLASSIFICA NE' OMBRE!


NON VA BENE, NON CI STIAMO!

Il 26 Ottobre 2012 il Consiglio Regionale della Lombardia è stato sciolto, il suo ultimo atto: la nuova legge elettorale regionale che ha abolito il tanto vituperato listino bloccato ed introdotto l'obbligatorietà di genere nelle liste. Tutto bene, quindi, tolta l'autostrada dei raccomandati, riconosciuto il diritto alla democrazia paritaria si può andare speditamente al voto con le donne che vedono riconosciuto il loro diritto di rappresentanza da un Governatore e dalla sua maggioranza, che in questa legislatura ha subito ben tre ricorsi e una sonora sconfitta in Consiglio di Stato ,proprio per il non riconoscimento della parità di genere. Purtroppo, però, bisogna riporre calici e spumante della vittoria, perché non è così.
Non è così perché fare liste alternando donne e uomini, non è difficile, più difficile è che i partiti, tutti, puntino sulle candidate investendo sulle donne, anche a rischio di qualche voto in meno.
La Prof.ssa D'Amico, persona che stimo ed ammiro, ha detto “ che questa è una norma fortemente voluta dal Pd e che porta in Regione Lombardia la vera democrazia paritaria”, ahimè non è così.
La vera democrazia paritaria sarebbe stata la doppia preferenza di genere, che avrebbe dato la possibilità, non di scegliere se votare un uomo o una donna, ma entrambi, così che si sarebbe aumentato il numero delle consigliere.
Aumentare il numero delle consigliere, significa, però, diminuire il numero dei consiglieri e i partiti, tutti, a votare erano in 76 presenti, i voti sono stati 75, hanno scampato il pericolo col solito contentino, cui noi donne abbocchiamo facendoci del male da sole.
Infatti, e sono certa di non essere smentita, ancora una volta saranno poche le donne elette, ma i partiti, questa volta, non potranno essere accusati: le liste rispettavano i dettami della legge, poi se le donne non ottengono voti....certo non stiamo lì a dire che l'80% delle risorse finanziarie andranno su candidati uomini, non stiamo lì a puntualizzare che nessun nome di prestigio sosterrà un candidato donna, la norma è stata rispettata.
E noi dovremmo ancora una volta ricorrere ai Tribunali per far dichiarare illegittima una legge che ,come al solito sembra innovare per invece mantenere tutto come è, sfavorisce le donne, che questa obbligatorietà non “women friendly”, ma solo un ottima scusa per discriminarci ancora una volta, soltanto che questa volta saranno gli elettori a farlo e vuoi contestare le scelte popolari? Non sia mai: i partiti e le poltrone dei maschietti sono salve e con il placet istituzionale!

Angela Ronchini
Presidente Ass. Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria

giovedì 25 ottobre 2012

A QUANDO LA BOCCIATURA DELLE GIUNTE FORMIGONIANE?

IL PARLAMENTO UE HA PIù VOLTE CHIESTO DI RISPETTARE L'EQUILIBRIO DI GENERE

Nessuna donna nell'esecutivo della Bce
Strasburgo protesta e boccia la nomina

Veto simbolico al lussemburghese Mersch: «Violate le quote rosa»

Yves Mersch (Afp/Patrick Hertzog)  Yves Mersch (Afp/Patrick Hertzog)
Il parlamento europeo boccia la candidatura di Yves Mersch nel board della Bce. Un veto simbolico, che esprime il «no» di Strasburgo all'assenza di donne nell'esecutivo della Banca centrale europea. Il rifiuto, che non ha precedenti, è venuto dalla sessione plenaria con 325 no, 300 sì e 49 astenuti. Sulle quote rosa l'assemblea ha dunque dato il suo sostegno alla posizione della Commissione economico-finanziaria. La candidatura di Mersch, governatore della banca centrale lussemburghese, è stato proposta dal Consiglio - su indicazione del presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker - per sostituire lo spagnolo Gonzalez Paramo, decaduto il 31 maggio. Da parte sua però il Parlamento europeo ha più volte chiesto che fosse rispettato l'equilibrio di genere nella composizione dell'esecutivo dell'Eurotower. NO COMMENT - La Commissione europea non ha voluto commentare il voto su Mersch. Il portavoce ha semplicemente ricordato che ora tocca all'Ecofin «prendere una decisione». Il portavoce ha ricordato anche che l'Europarlamento aveva su questa nomina un ruolo soltanto consultivo.
GLI APPELLI E IL VOTO - A settembre la Commissione Ecofin aveva rinviato l'audizione di Mersch per sottolineare la protesta. L'audizione si è finalmente svolta lunedì scorsa, ma la presidente della Commissione, la lib-dem britannica Sharon Bowles, aveva annunciato che sarebbe stata presentata una raccomandazione negativa «senza entrare nel merito delle qualità del candidato». Martedì il presidente permanente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, aveva dato generiche rassicurazioni sul fatto che avrebbe chiesto ai governi di proporre in futuro candidate donne, ma aveva sollecitato un voto a favore di Mersch «per riempire il vuoto» nel board della Bce. Un appello rimasto evidentemente inascoltato.
CONFLITTO POLITICO - Anche se il voto del Parlamento europeo non è vincolante per il Consiglio, apre di fatto un ulteriore elemento di conflitto politico tra le due istituzioni europee già divise su una serie di argomenti, il più sensibile dei quali è il bilancio pluriennale 2014-2020 dell'Unione europea.

NON SIAMO OMBRE!


CARO FORMIGONI NON SIAMO OMBRE!



Milano-25 Ottobre.2012-Ass. Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria nel confermare il suo No alla Giunta tecnica per un 11 a 2 che sconfessa non solo lo Statuto Regionale, ma la sentenza del Consiglio di Stato dello scorso 11 Giugno, dimostrando ,chiaramente, la poca considerazione del Governatore Formigoni verso il 51,87 dell'elettorato lombardo, sarà presente in forze al FLASH MOB che si terrà Venerdì dalle 10.00 del mattino ad oltranza davanti al Consiglio Regionale per sostenere e PRETENDERE che la doppia preferenza di genere sia introdotta nella nuova legge elettorale . Dal momento che nemmeno le sentenze obbligano al rispetto della democrazia paritaria, che sia un maggior numero di elette a farlo. FLASH MOB PER DIRE AL GOVERNATORE FORMIGONI CHE LE DONNE DI ARTICOLO 51 SONO STANCHE DI ESSERE OMBRE !

La Presidente
Angela Ronchini


martedì 23 ottobre 2012

ADESSO BASTA,ESSERE PRESE IN GIRO NON CI PIACE!

FORMIGONI LIBERA LA SEDIA: STAVOLTA LO DICONO LE DONNE DI ARTICOLO 51!



Ass. Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria dice NO alla Giunta tecnica appena insediata a Palazzo Lombardia , perché ,ancora una volta, è stato violato il principio dell'equilibrio di genere, nonostante una sentenza inequivocabile del Consiglio di Stato, cui si era ricorse per sancire un diritto disatteso per ben tre volte dal Governatore Formigoni, che conferma, non solo, di non tenere in considerazione il 51,7% dell'elettorato lombardo costituito da donne, ma di non avere nessun rispetto e considerazione per il pronunciamento del Consiglio di Stato dello scorso 21 Giugno, delegittimandone l'autorità non applicandone i principi sanciti. Chiede l'immediato adeguamento della Giunta, seppur tecnica e ad interim, al principio precettivo dell'equilibrio di genere, denuncia con forza l'ostilità dei partiti di maggioranza e dei loro rappresentanti regionali e nazionali all'applicazione di una concreta parità di genere, chiede l'impegno pubblico del Governatore a sostenere con forza la doppia preferenza di genere nella votanda legge elettorale regionale, aderendo al flash mob che si terra presso il Consiglio Regionale Giovedì 25 Ottobre, chiede lo stesso impegno pubblico ai Coordinatori Regionali e ai Segretari Nazionali di PDL e Lega , si unisce alle associazioni femminili e all'opposizione nel gridare” FORMIGONI LIBERA LA SEDIA” perché le donne di centrodestra non sono soldatini obbedienti o zerbini calpestabili,e non si sentono rappresentate da chi non tiene conto del loro voto nonché dei loro diritti alla equa rappresentanza di genere.
La Presidente
Angela Ronchini

domenica 21 ottobre 2012

NON SIAMO DELLE SIGNORE....

Non sono una signora

Domenica, 21 ottobre 2012 - 15:14:00
Di Tiziana Maiolo
Non voglio essere chiamata “signora”, tranne nelle situazioni in cui gli uomini vengono chiamati “signore”. Ad esempio al supermercato, che è il luogo più democratico e paritario di tutti. In tutte le altre situazioni, soprattutto in quelle pubbliche o istituzionali, esigo la parità. Se il mio collega è Angelo, io sono Tiziana; se lui è consigliere o assessore o deputato, lo sono anch’io. Se è dottore, io sono dottoressa. Se lui è signore io sono signora, altrimenti no. No, grazie.
Quindi sto dalla parte del prefetto di Napoli De Martino, il quale ha difeso il ruolo  di una sua collega ricordando che, in un incontro istituzionale,  l’appellativo di “signora” disconosceva appunto il ruolo di Carmela Pagano, prefetto di Caserta. Poco importa che ci sia andato di mezzo un sacerdote, che peraltro usava toni pacati e probabilmente non si rendeva neppure conto di far parte di una massa di uomini che non esito a definire misogini, prima ancora che maschilisti. E’ infatti molto diffusa questa abitudine di disconoscere il ruolo pubblico della donna, travestendo quell’appellativo di “signora” di blanda galanteria. E mi stupisco del fatto che non siano ancora insorte in difesa del prefetto femministe e militanti di “se non ora quando”, sempre pronte a scendere in piazza in difesa della differenza di genere. Differenza non vuol dire discriminazione, care amiche.
Una volta ho protestato, e mi pento di non averlo fatto sempre. E’ capitato durante un incontro con un rappresentante della comunità cinese di Milano. Noi eravamo in tre a rappresentare Palazzo Marino: il vice-sindaco De Corato, l’assessore Masseroli e io, che ero pure assessore. Il signor Wu, persona dai modi squisiti, appellava continuamente il primo con il termine di “onorevole”, il secondo come “assessore” e me come “signora”. Alla decima volta sono sbottata e lui con sincerità ( gli ho creduto ) mi ha detto che riteneva di farmi una gentilezza.
Non dubito della buona fede di nessuno, ma vi invito a riflettere, anche voi ragazzi della rete, che vi siete scatenati contro il prefetto. In questi casi non c’entra niente la “casta” o il tirarsela. Non sarebbe mai comunque il mio caso. Essere donna è faticoso, e, credetemi, la misoginia, il maschilismo e anche il razzismo a volte trovano anche la strada della galanteria. Riservatela agli uomini, la prossima volta, per favore.

giovedì 18 ottobre 2012

LETTERA AL GOVERNATORE FORMIGONI...PUNTATA SECONDA!

Un'amica ha riproposto questa mia lettera al Governatore Formigoni che scrissi il 17 Aprile scorso ,dopo la seconda udienza dell'appello in CdS contro la Giunta del 15 a 1. Quella sera ottenemmo una vittoria politica straordinaria, costringendo il Governatore ad ammettere che la Giunta sarebbe stata “abbattuta”(parole sue) per non equilibrio di genere e che prima di vederla azzerata, preferiva sostituire forzatamente “assessore maschio con assessore femmina”. Allora non pensavamo che il CdS il 21 Giugno ci avrebbe dato una vittoria epocale sancendo principi mai sanciti prima e che il prossimo 21 Novembre sarà lo stesso al TAR Lombardia per la seconda Giunta, che, seppur azzerata, costituisce un riconoscimento di principio. Ebbene credo sia bene riproporla , questa lettera, ...in questo momento in cui, mai lo avremmo pensato, il Governatore necessita anche del nostro sostegno, ed è bene , tra idee di Giunte ponte, elezioni, nuove
leggi elettorali, regionali e nazionali, doppie preferenze e quant'altro, ricordare che nel frattempo lo scorso 21 Giugno il CdS ha sancito l'obbligatorietà delle norme statutarie in materia di equilibrio di genere e che le Giunte devono essere obbligatoriamente pari matematicamente ,nei generi o al numero più prossimo alla metà numerica....forza Governatore, Lei può e deve per il bene di tutti fare vera e forte innovazione....pulizia , concretezza..quella che solo noi donne sappiamo mettere in atto!
E con forza imponga la doppia preferenza di genere e ci mandi subito a votare: le donne non la deluderanno..E' il nostro momento e da questa palude solo noi possiamo fare in modo che il Paese e la Lombardia emergano vittoriose!
Le donne di Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria



Caro Governatore Formigoni,
Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria, sa di non essere nella lista dei favoriti e, probabilmente Lei sta rimpiangendo, anche di averci ammesso all'iscrizione dell'Albo Regionale, ma quello che ieri, Lei, non noi, ha sancito è una vittoria politica straordinaria per la battaglia dell'equa rappresentanza di genere.
Le Sue dichiarazioni, in verità, poco eleganti, sulla “sostituzione forzata dall'esterno di maschio con femmina” (neanche parlasse a Quark), hanno dato notorietà ad un successo più grande di quello che mai avremmo pensato raggiungere. Successo politico, soprattutto!
In questi mesi La abbiamo vista incrollabile, nella bufera mediatico-giudiziaria, che ha investito la Sua Giunta, non dar adito a sospetti, non rispondere, rigettare sdegnosamente qualsiasi coinvolgimento della sua amata Regione Lombardia, ma ha dovuto piegarsi alla sconfitta ed ammetterla di fronte ad un ricorso di donne: prima ancora dell'uscita della sentenza, Lei, ha ammesso l'inadeguatezza della Giunta nei confronti dell'equilibrio di genere.
Con questo ,ora, dovranno fare i conti tutti quelli che si troveranno a dover comporre Giunte siano esse comunali, provinciali ,regionali, perché, si sa, ciò che accade in Lombardia, piaccia o no, ha valenza nazionale.
Lei non trova giusto che i Tribunali “debbano intervenire in maniera così pesante nella composizione delle Giunte” che il Suo collega della Campania Caldoro ritiene atti politici insindacabili: bene, concordiamo pienamente, ma allora perché non applicare le norme statutarie che garantiscono l'equilibrio di genere negli organi di governo territoriale? Anche queste sono frutto di atti politici, regolarmente disattese siano esse negli Statuti comunali, provinciali, regionali.
Ed allora cosa dovremmo fare noi donne per veder riconosciuto il diritto ad un'equa rappresentanza di genere? Aspettare i prossimi 30 anni dietro le quinte e sperare che un “maschio” ceda volontariamente la poltrona, improvvisamente fulminato sulla strada di Damasco della rappresentanza di genere? Lei sa, quanto noi, che questo non accadrà mai e Lei né è la dimostrazione...forse non tutte Sue sono le responsabilità...certamente i Partiti ci mettono molto del loro non sponsorizzando candidature al femminile e anche dove ci sono molte elette, Campania docet, neanche lì c'è una Giunta al 50/50, Lei poteva dare un esempio di innovazione, se veramente credesse nella equa rappresentanza e nel fatto che” Regione Lombardia è attenta a valorizzare la rappresentanza femminile”, poteva fin dal 29 Aprile 2010, non diciamo fare una Giunta 8 a 8, quantomeno un 11 a 5 sarebbe stato incoraggiante.
Vede Presidente, noi Le abbiamo creduto,poi abbiamo dovuto difenderci, Le è stata offerta una seconda chance lo scorso 11 Gennaio 2012. Lei non l'ha colta. Ed allora non ci resta che continuare nell'unica strada percorribile: quella giudiziaria.
Lei sa che Articolo 51 non si fermerà, sa che un secondo ricorso al Tar è stato avviato, sa che dovrà ancora fare i conti con i Tribunali...adesso a Lei e a chi dopo di Lei, le redini del gioco per la equa rappresentanza di genere....noi continueremo con l'unico mezzo a nostra disposizione fintanto che in Italia tutte le Assemblee elettive, Giunte, Governo non siano composte al 50 + 1...femminile, ovviamente!
Angela Ronchini
Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria

giovedì 20 settembre 2012

NECESSARIO L'ITALIA FIRMI LA CONVENZIONE DI ISTANBUL

OMNIROMA) Roma, 20 SET – “Le violenze sulle donne non possono essere considerate un fatto individuale e privato ma devono essere affrontate come una responsabilità collettiva e le Istituzioni, la politica e la società civile hanno il compito prioritario della prevenzione e del contrasto. Dopo l’approvazione da parte del Senato della mozione unitaria, avvenuta oggi all’unanimità, con cui si invita il Governo a firmare la convenzione di Istanbul, l’Esecutivo deve procedere alla ratifica del Documento che prevede, per la prima volta a livello internazionale, misure di prevenzione, di tutela in sede giudiziaria e di sostegno alle donne vittime di violenza”. E’ quanto dichiara in una nota la consigliera regionale del Pdl del Lazio, Isabella Rauti. “La violenza – continua Rauti – è soprattutto domestica e si consuma tra le mura di casa da parte di partner, compagni o mariti. Ma la legge da sola non basta, la legge è una condizione necessaria ma non sufficiente se non si accompagna l’applicazione della norma con una rivoluzione culturale, di costume, di educazione di genere, di rispetto delle differenze”. “L’Italia – conclude Rauti – deve aderire alla Convenzione e adeguare la legislazione nazionale, con un provvedimento in grado di fornire risorse e strumenti necessari all’applicazione della Convenzione stessa, che definisce la violenza sulle donne come una violazione dei diritti umani fondamentali e come una forma di discriminazione da contrastare, anche attraverso un meccanismo di rete internazionale in cui nessuna vittima possa sentirsi sola”.

martedì 21 agosto 2012

PICCHIATA PER IL VELO, NEANCHE FOSSIMO A KABUL

Il Giornale, 18 agosto 2012 di Fiamma Nirenstein

Se si vanno a vedere le statistiche, almeno 5000 donne l’anno vengono uccise nei mondi dell’immigrazione per motivi d’onore. In Inghilterra dove la presenza musulmana e quindi i costumi relativi alle donne sono più intensi, nel 2010 sono state uccise (e la cifra è ritenuta bassa rispetto alla realtà) 22 donne in quattro mesi, e di crimini collaterali ne sono stati denunciati 2283, più 500 minori. La lista è densa di nomi noti e l’accusa di partenza è sempre la stessa: eccessiva integrazione nei costumi occidentali, i padri assassini talora aiutati dalle madri lo ripetono come in un inconsapevole nuvola di nefasto attaccamento a un mondo perduto, a un paradiso forse mai esistito.

In Italia nessuno si dimentica i nomi di Hina e di Sanaa. Hina Saleem, ventenne pakistana,  uccisa nel 2006 dal padre a Sarezze nel Bresciano, e Sanaa Dafari, ragazza marocchina di 18 anni sgozzata dal padre, il cuoco Kataoul Dafani, perchè osava uscire con un ragazzo italiano. Ma i lettori sanno che queste sono solo due delle tante storie che diventano sempre più frequenti nel nostro Paese e in tutta europa. Il 28 maggio una madre indiana di un bambino di cinque anni è stata uccisa perchè vestiva all’occidentale; a aprile, a Brescia, la polizia andò a ripescare a casa una ragazza pachistana, detta Jamila, perchè la famiglia aveva deciso di recluderla completamente perchè giudicava troppo occidentale la sua educazione a scuola; il 3 ottobre del 2010 a Novi un pakistano massacrò con una pietra la moglie perchè aveva difeso la figlia che rifiutava un matrimonio combinato con un pakistano; sempre quell’anno un altro padre egiziano ha tentato di soffocare la figlia con un sacchetto di plastica ritenendo che non fosse più vergine... la lista è lunga, ci troviamo ad avere oggi a che fare con temi come la verginità, la libertà di movimento, la libertà di opinione come se fossimo tornati a cento, duecento anni fa. Dovremmo avere il coraggio di dire a noi stessi che di questo si tratta, non dell’interessante  proposta di un’altra cultura, ma di una posizione arretrata che uccide tutte le conquiste che sono state pagate lacrime sudore e sangue dalla nostra società, e che non siamo disposti a pagare questo prezzo. 

E che non ci si dica che si tratta di islamofobia, e anzi, che l’Islam non c'entra niente. E’ da questa viltà, dalla negazione del reale così ormai comune in Europa, che nasce la nostra responsabilità verso le ragazza uccise.


martedì 7 agosto 2012

COMPLEMENTARI PER LEGGE...QUESTA CI MANCAVA!

“Lo Stato assicura la protezione dei diritti della donna, sotto il principio della complementarità (non uguaglianza) con l’uomo in seno alla famiglia, e in qualità di associata all’uomo nello sviluppo della Patria”. Ecco come l’estremismo che governa oggi la Tunisia tratta le donne e le rende libere. Il Codice dello Statuto Personale delle donne in Tunisia, datato 1956, strumento che eliminava la poligamia, il ripudio e riconosceva l’uguaglianza totale fra uomo e donna, oggi è carta straccia, o quantomeno rischia di diventarlo presto. La donna, da eguale, diventa complementare all’uomo. Il che significa, in soldoni, inferiore. Ma il buonismo occidentale avrebbe accettato anche questo, l’ennesima presa in giro del radicalismo. Prima il velo, poi il burqa e magari alla fine la lapidazione. Perché la cultura è cultura, ci dicono. Quindi anche la “complementarietà” lo è. Dal paradiso all’inferno le donne tunisine, in un balzo che l’Occidente, così preso dallo spread e dalla crisi economica, nemmeno si rende conto di aver agevolato. La riforma della Costituzione a Tunisi non è ancora stata approvata e necessiterà la maggioranza dell’assemblea plenaria. Un procedimento che di certo non sarà semplice, ma se è vero come è vero, che l’estremismo praticherà un’intimidazione totale e feroce per arrivare al si, la probabilità che essa venga approvata è piuttosto alta. In Tunisia si è verificato uno strano rovesciamento di fronti: chi ieri era bandito perché sovversivo e voleva instaurare il califfato islamico sulla Tunisia, oggi detta le regole dell’agenda nazionale e dei diritti. Le donne, che ieri erano parte integrante della società tunisina, oggi sono bandite e ridotte al rango di “complementi” dell’uomo. L’ipocrisia del doppio linguaggio del radicalismo, che con una mano accarezza i sentimenti facili dell’Occidente e dall’altra colpisce con forza e abbatte i diritti delle donne e dei moderati. Oggi un grosso esame di coscienza dovrebbe farselo, anch’ella donna, colei che sponsorizzava le primavere arabe e ne poneva al primo posto il cambio di regime, non sapendo (o forse si) cosa sarebbe accaduto e quali le conseguenze di un governo radicalista. Oggi dalla Tunisia si sparge un male che ha la sua radice più in là, in una penisola dove la donna è devastata e ricalca a pieno ritmo la scomparsa delle donne afgane, ormai sempre più interrate in un letto di violenza e di stupro etico e umano. Ridotte in schiavitù totale. Le donne tunisine sono insorte, stanno gridando ma la loro voce è flebile, perché le donne occidentali, prese dal loro ego cieco e superbo, nemmeno le vedono. Da sole forse non ce la faranno ma stanno lottando, a mani nude contro il salafismo che scorre nelle vie del Paese e che le colpisce a morte non appena tentano di alzare la testa. È la wahabizzazione della Tunisia e del mondo arabo, è il giorno X dei diritti. Qualcuno ci pensi bene prima di spalancare le porte all’integralismo mascherato da tutore della cultura arabo-islamica, perché se allora dissero no all’eguaglianza tra uomo e donna, oggi sono pronti ad istituzionalizzarla. E nessuno ne sarà immune.


venerdì 3 agosto 2012

E SI COMINCIA A FARE PASSI AVANTI

Parità di accesso a CdA: Rauti (Pdl), oggi vittoria delle politiche di genere

«Oggi, vittoria delle politiche di genere, perché finalmente il settore pubblico del nostro Paese si adegua agli standard di altre nazioni europee in termini di equilibrio della rappresentanza. Infatti, grazie alla decisione del Consiglio dei ministri , il Governo ha emanato il Regolamento attuativo della legge 12 luglio 2011, n. 120, necessario all’applicazione della legge Golfo – Mosca, sulle quote di genere nelle società italiane quotate e pubbliche». E’ quanto dichiara la consigliera regionale del Lazio, Isabella Rauti. «Con questo provvedimento – continua Rauti – sollecitato più volte, personalmente anche con lettera ufficiale ai Ministri competenti, si comincia a risolvere quel difetto di disparità rappresentativa delle donne nei luoghi della decisione economica, garantendo il principio di parità e favorendo la presenza femminile nelle posizioni di vertice» «Tuttavia, l’entrata in vigore della legge – spiega Rauti – prevista per il prossimo 12 agosto, non rappresenta un punto di arrivo ma di partenza nella battaglia per una parità non solo formale e normativa ma anche sostanziale e sociale. Una sfida sempre attuale, ad ogni “conservatorismo” e pregiudizio discriminatorio che in Italia esiste e persiste». «Sullo stesso tema – conclude Rauti – sono firmataria, insieme ad altri Consiglieri regionali del Lazio, di una Proposta di Legge in materia di parità di accesso agli organi delle società regionali, la n. 175 del 2011, e della Mozione n. 427 del 2012 sulla rappresentanza femminile nelle Istituzioni rappresentative nella politica».

martedì 31 luglio 2012

DA ISABELLA RAUTI PER LE QUOTE ROSA


Parità di accesso a CDA: Rauti (Pdl) scrive al Governo per sollecitare applicazione legge

«Manca poco meno di un mese all’entrata in vigore della legge Golfo-Mosca, sulle quote di genere nelle società italiane quotate e pubbliche e il Governo non ha ancora emanato il Regolamento attuativo della legge 12 luglio 2011, n. 120, necessario alla sua applicazione. Per questo ho scritto una lettera per sollecitare l’Esecutivo a rendere attuativa la norma entro la data della sua effettiva entrata in vigore, il 12 agosto 2012, completando tutte quelle procedure che consentirebbero l’adeguamento del settore pubblico italiano agli standard di altre nazioni europee». E’ quanto dichiara la consigliera regionale del Lazio, Isabella Rauti. «Mi auguro che la politica e le istituzioni – continua Rauti – permettano la piena realizzazione di questo importante provvedimento che va a colmare un difetto di disparità rappresentativa delle donne nei luoghi della decisione economica, garantendo il principio di uguaglianza e favorendo la presenza femminile nelle posizioni di vertice». «Sullo stesso tema – ricorda Rauti – sono io stessa firmataria insieme ad altri Consiglieri regionali del Lazio, di una Proposta di Legge in materia di parità di accesso agli organi delle società regionali, la n. 175 del 2011, e della Mozione n. 427 del 2012 sulla rappresentanza femminile nelle Istituzioni rappresentative nella politica.”

Lettera Regolamento attuativo della Legge 12 luglio 2011, n. 120 – 16 luglio 2012

Ministro dell’Economia e delle Finanze Dott. Vittorio Grilli
Sottosegretario di Stato Dott. Vieri Ceriani
Sottosegretario di Stato Prof. Gianfranco Polillo
Ministro del Lavoro e Politiche sociali con delega alle Pari opportunità Prof.ssa Elsa Fornero
Capo del Dipartimento Pari opportunità Cons. Avv. Patrizia De Rose
Roma, 16 luglio 2012
Egregio Ministro,
Le scrivo per chiedere il Suo intervento in merito all’emanazione del Regolamento attuativo della legge 12 luglio 2011, n. 120, per quanto concerne l’applicazione della legge stessa in seno ai consigli di amministrazione di società a controllo pubblico.
Nonostante le diverse sollecitazioni, tale Regolamento – che, secondo quanto prescritto nella norma citata, avrebbe dovuto essere adottato entro due mesi dall’entrata in vigore della legge Golfo-Mosca – non è stato formulato e non si è a conoscenza dei tempi previsti per la sua pubblicazione.
Considerata l’attenzione espressa da questo Governo, fin dal primo giorno del mandato, alle tematiche dell’occupazione femminile e della parità di genere, confido in un Suo intervento che permetta un’accelerazione del processo di pubblicazione del Regolamento e, conseguentemente, un rapido adeguamento del settore pubblico ai recenti successi dimostrati in merito alla partecipazione femminile ai consigli di amministrazione nelle società quotate. La politica e le istituzioni esprimerebbero, a mio avviso , un segnale negativo se non fossero stati presi tutti i provvedimenti necessari per rendere pienamente attuativa la legge 120/2011 entro la data della sua effettiva entrata in vigore, il 12 agosto 2012.
Sullo stesso tema, sono io stessa firmataria insieme ad altri Consiglieri regionali del Lazio, di una Proposta di Legge in materia di parità di accesso agli organi delle società regionali, la n. 175 del 2011, e della Mozione n. 427 del 2012 sulla rappresentanza femminile nelle Istituzioni rappresentative nella politica.
Nel ringraziare per l’attenzione, invio distinti saluti,
Isabella Rauti
Consigliere regionale
Ufficio di Presidenza
Consiglio regionale del Lazio



ANCORA PER TRIBUNALI

ASSOCIAZIONE ARTICOLO51
Laboratorio di Democrazia Paritaria




Ass. Articolo 51 Laboratorio di Democrazia Paritaria unitamente all'ASS. MIDATT, ha impugnato le Giunte dei Comuni di Meda e Monza, per il non rispetto delle norme in materia di rispetto dell'equilibrio di genere.
Le due Associazioni, forti della sentenza del Consiglio di Stato che sancisce che la parità di genere nelle giunte deve essere “espressione attuativa o sostanziale approssimazione ad essa”, hanno così deciso di impugnare le Giunte dei due Comuni quale esempio della ferma volontà di “non tornare indietro “ delle donne lombarde.
Dopo lettera di diffida ai due Sindaci che non ha sortito effetto, le donne di Articolo 51 e MIDATT hanno, ancora una volta intrapresa la strada dei Tribunali, l'unica al momento praticabile per vedere riconosciuto ed applicato un diritto sancito, ma troppo spesso disatteso.
Ai Sindaci dei Comuni citati ripetiamo che “indietro non si torna” , con l'augurio che possano essere di esempio per l'avvio di una applicazione concreta e non ideologica della democrazia paritaria

La Presidente
Dr.ssa Angela Ronchini

mercoledì 25 luglio 2012

PROPOSTA AL SINDACO PISAPIA

COPPIE DI FATTO/ Masseroli (Pdl): ecco la sfida che lancio al sindaco Pisapia

mercoledì 25 luglio 2012
COPPIE DI FATTO/ Masseroli (Pdl): ecco la sfida che lancio al sindaco Pisapia Lancio una sfida al sindaco: intraprendiamo insieme la strada del registro dei diritti, non quello delle unioni. Chi propone il registro delle unioni sostiene di combattere per i diritti negati a chi non contrae matrimonio. Bene: il Sindaco sa perfettamente che per questo scopo il registro delle unioni non serve! Invece di fare cose che non servono discutiamo di cose vere!

Chi non ha contratto matrimonio chiede di poter decidere a chi destinare la pensione di reversibilità piuttosto che il trattamento di fine rapporto o quote di eredità; chiede che sia tutelato il diritto di abitazione e di successione e il diritto di decidere chi potrà assisterlo in caso di grave malattia.
Compiliamo un registro dei diritti non garantiti ed il sindaco si faccia portavoce per Milano con il Governo affinché questi diritti siano introdotti e tutelati. Da cattolico ritengo  che nulla superi il valore della libertà della persona. Se dunque lo scopo del registro delle unioni civili non è il riconoscimento di diritti che oggettivamente non ottiene, qual è il vero scopo ?
E’ una forma di matrimonio? Per le coppie di fatto eterosessuali ovviamente esiste già. Sta nella libertà della coppia accettare doveri e diritti di tale contratto. Certo, se alla coppia si aggiungono figli, è soprattutto a tutela di questi ultimi che il contratto diviene necessario.
Per le coppie omosessuali si tratterebbe di equiparare l’unione civile alla famiglia comune, aperta ai figli, definita negli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione italiana. Non vorrei sembrare banale ma semplicemente non è vero che sono forme di convivenza uguali. Non ritengo poi si possa parlare di diritto ad avere figli. Comprendo il desiderio di paternità e maternità di ogni uomo ed ogni donna ma un legge, un decreto o un registro non possono mutare la natura.
Che due persone dello stesso sesso generino e due di egual sesso no è un dato di natura, una evidenza. Allora seguiamo la natura anche per far crescere i bambini: non possono liberamente decidere e mi pare che ciò che la natura ha determinato sia il criterio più rispettoso della loro libertà. Certo che, come Dostoevskij fa dire a Ivan Karamazov, “se Dio non esiste, tutto è permesso”

martedì 17 luglio 2012

ANCORA PER TRIBUNALI.....

PARITA’ DI GENERE. MIDATT E ART 51: “LETTERE DI DIFFIDA A 5 COMUNI LOMBARDI PER DISPARITA’ TRA ASSESSORI UOMINI E DONNE”

PRONTI I RICORSI CONTRO SINDACI DI CESANO MADERNO, LESMO, LISSONE, MEDA, MONZA. SECONDO DATI 2011 IN COMUNI D’ITALIA SOLO IL 6% DEGLI ASSESSORI SONO DONNE

Monza, 16 luglio 2012 – L’Associazione Midatt (Movimento Italiano Donne Attive in Politica), insieme all’Associazione Art. 51 – Laboratorio di democrazia paritaria, ha inviato a 5 Sindaci lombardi, recentemente eletti, altrettante lettere di diffida per denunciare la presenza non equilibrata di uomini e donne nella composizione degli assessori della Giunta e chiedere di rispettare il principio di eguaglianza, revocando gli incarichi di alcuni assessori uomini e sostituendoli con altrettante donne. Sono, in particolare, i sindaci di Cesano Maderno, Lesmo, Lissone, Meda e Monza a non aver rispettato la parità di genere sancita dall’art 51 della Costituzione (Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra uomini e donne). 

“L’azione che abbiamo intrapreso nei confronti di questi 5 comuni lombardi – spiega il Midatt  - nasce dalla constatazione che in Italia, purtroppo, la quantità di donne che ricoprono cariche istituzionali e politiche è ancora troppo scarsa. Nel 2011, ad esempio, secondo dati pubblicati dal Sole&24Ore, nei Comuni italiani le donne erano solo il 19% dei consiglieri e il 6% degli assessori. E questo nonostante il fatto che anche il Testo Unico degli Enti locali del 2000 (art. 6, comma 3) disponga che tutti gli Statuti debbano prevedere norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomini e donne (...) e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del Comune (…). Una situazione inaccettabile che vogliamo denunciare e contrastare per evitare che si continui impunemente a violare la legislazione sulla parità uomo-donna”.

“Speriamo che le lettere di diffida - spiegano Midatt e Art. 51 - sortiscano il giusto effetto. Ma siamo pronte a procedere nelle sedi giudiziarie competenti, con eventuale ricorso al Tar. Dalla nostra parte abbiamo un precedente importante. In Lombardia, infatti, l’Art 51– Laboratorio di democrazia paritaria, aveva contestato la giunta regionale per una evidente disparità di genere con 15 assessori uomini e una sola donna. In primo grado il Tar Lombardia aveva respinto il ricorso. Successivamente il Consiglio di Stato con una sentenza del 21/06/2012 aveva annullato la sentenza del Tar e sancito il principio di uguaglianza o sostanziale approssimazione ad essa nella nomina delle donne nella posizione di governo. Il Consiglio di Stato ha richiamato quanto già sancito dalla Corte Costituzionale (con sentenza 81/2012) affermando che il riequilibrio di genere è principio cogente ma non derogabile nemmeno per ragioni politiche”.

"La nostra lotta alla discriminazione di genere nelle cariche istituzionali – conclude il Midatt - parte con 5 lettere di diffida, ma proseguirà e si allargherà. Intendiamo difendere con fermezza e convinzione i principi della Costituzione, non solo in Lombardia, dove naturalmente prenderemo in considerazione i comuni dove si sono appena svolte le elezioni. Ma anche nelle altre regioni d’Italia. E in altri campi della società civile. Visto che su questo fronte siamo indietro. Basti infatti pensare che secondo il ‘Global Gender Gap Report 2011′ del World Economic Forum sul divario di opportunità tra uomini e donne nel mondo, il nostro Paese è al 74esimo posto (su 135 Paesi)”.

ATTUALE COMPOSIZIONE DEGLI ASSESSORI DELLE GIUNTE DEI COMUNI DIFFIDATI
Cesano Maderno:  2 donne su  6 assessori
Lissone:                 2 donne su 7 assessori
Lesmo:                   1 donna su 4 assessori
Meda:                     1 donna su 5 assessori
Monza:                    3 donne su 9 assessori

domenica 20 maggio 2012

L'ALTRA META' DEL CIELO+1 LA DEMOCRAZIA DIMEZZATA

http://youtu.be/bYhOpdqMwBw


Intervento della Consigliera Isabella Rauti al Convegno di Venerdì 11 Maggio Palazzo Isimbardi
L'ALTRA META' DEL CIELO+1...Quanta strada ha fatto "Bartali" da Pechino 1995...Quanta strada ancora da fare. La Democrazia Dimezzata"

LE DONNE PUNTANO SU PASSIONE E MERITO

Passione e merito per la selezione della classe politica

Passione e merito: sono queste le basi da cui partire per selezionare la nuova classe politica. Due presupposti dai quali non è possibile prescindere in questa fase così delicata che il nostro Paese sta vivendo.
Basta con chi utilizza la politica e i partiti solo per i propri scopi personali.
Di passione e merito ho sentito di dover parlare oggi, a Milano, nel corso di un incontro promosso dall’Associazione “Articolo 51″ dal titolo “L’Altra Metà Del Cielo +1. La Democrazia Dimezzata”.
Un laboratorio di democrazia paritaria, questo, nel quale ci si confronta per studiare nuove strade che portino alla piena realizzazione delle donne e del loro protagonismo: nella politica, nelle istituzioni, nel mondo del lavoro.
E’ un periodo di crisi quello che stiamo vivendo, di disaffezione verso la politica e verso chi la politica la fa. Un momento in cui probabilmente nessuno avrebbe scommesso che tra tasse, balzelli, spred e rigore, avrebbe trovato spazio in parlamento la discussione – e la successiva approvazione alla Camera – della legge che introduce la “Doppia preferenza di genere” alle amministrative.
Invece un segnale forte è arrivato, proprio da chi la politica la fa con passione; così che, una volta approvata anche al Senato, le donne e gli uomini potranno avere la stessa opportunità di sedere tra gli scranni del Consiglio comunale della propria città, provincia o regione, e contribuire ad amministrarla. Passione e merito, dunque: le donne ne sono testimoni quotidiane, abituate come sono a doversi affermare, a parità di competenze, sui colleghi uomini. Allora perchè non far partire il cambiamento proprio da loro? Un’altra conferma è arrivata oggi da Milano: noi siamo pronte!

martedì 15 maggio 2012

E SE SI FACESSE IL PARTITO DELLE DONNE?

Novità in politica: e se nascesse il Partito delle donne?

 Redazione  15 maggio 2012  Politica, Top News    
Le relatrici del convegno "La democrazia a metà"
Le relatrici del convegno "La democrazia a metà"
BERGAMO — Per ora è solo un’ambizione. Ma, vista la determinazione delle protagoniste, c’è da scommettere che nel giro di poco tempo l’idea diventerà un movimento e addirittura un partito: il Partito delle donne.
A lanciare la possibilità, accolta con entusiasmo, Tiziana Maiolo, oggi libera dai lacci del centrodestra, durante il convegno “La democrazia a metà” che si è tenuto venerdì a Palazzo Isimbardi, sede della Provincia di Milano.
Al simposio, organizzato dall’Associazione Articolo 51 erano presenti anche Mara Carfagna, ex ministro per le Pari Opportunità, eurodeputate, donne delle istituzioni e impegnate nel sociale. La domanda al centro della tavola rotonda era semplice: quali iniziative intraprendere per riportare il nostro Paese in un ambito accettabile di rappresentatività femminile nella politica?
La risposta, un po’ provocatoria, di Tiziana Maiolo è stata altrettanto immediata: costituire un “Partito delle donne” da presentare agli elettori, e cercare, attraverso questa via, di ricostituire quello che la natura ha predisposto per il suo corretto evolversi. Ovvero che uomini e donne concorrano, in eguale misura, alla crescita della società civile.
“La proposta mi pare stimolante” ha commentato Patrizia Siliprandi, relatrice al convegno, rappresentante italiano ai lavori di Pechino 1995, nei quali l’Onu stabilì la pari rappresentatività dei generi. Dopo quella Conferenza, l’Unione europea sancì “una nuova partnership fra donne e uomini che implicò una ripartizione su base paritaria del lavoro retribuito e non retribuito, nonché una partecipazione a pari livello delle donne e degli uomini alla vita civile, politica, economica, sociale e culturale dell’Unione”.
Ebbene, in Italia l’enunciazione è rimasta carta straccia. Nonostante le belle intenzioni e le dichiarazioni di facciata dei partiti italiani, i punti della Conferenza di Pechino sono andati disattesi. Trattate come le belle statuine – per usare un eufemismo -, le donne hanno deciso di dire basta e ritragliarsi il ruolo che compete loro, paritario con gli uomini.
“Nel Parlamento italiano abbiamo una donna ogni sei uomini – continua Siliprandi – e non ci è concesso votare se non per rappresentanti in gran parte maschili. Nel nostro Paese viviamo una situazione anomala che non si registra nemmeno in nazioni che riteniamo inferiori per benessere, ma che hanno molto da insegnarci in termini di civiltà”.
Ben venga dunque la proposta della Maiolo “anche se credo che più che un partito serva un vasto movimento di donne impegnate per cambiare questa politica stantia, un movimento trasversale rappresentativo di idee diverse e che potranno eventualmente completarsi – continua Siliprandi -, un movimento che sia di stimolo ai partiti, quelli esistenti e quelli che verranno, per affrontare in maniera costruttiva il problema della presenza femminile in politica, problema che oggi ci pone agli ultimi posti della classifica mondiale, ma che spetta a noi donne risolvere con proposte concrete e, soprattutto con una rinnovata solidarietà di genere”.
Qualcuno lo ha chiamato neofemminismo. Paragone un po’ azzardato visto che il nuovo movimento femminile che sta crescendo in Italia poco ha da spartire con le esperienze radicali degli anni Sessanta e Settanta. I tempi sono cambiati e le questioni sul tavolo, di vitale importanza per il Paese, richiedono raziocinio e una visione nuova, non retaggi di socialismo che fu, fumosa sinistra o vetero-destra. In un quadro politico come quello italiano, vecchio e invecchiato, le donne, ma soprattutto il loro modo di pensare, possono rappresentare una novità significativa. Anche se gli scogli da superare sono davvero tanti. Senza andare molti distanti, ne è un esempio la Regione Lombardia, con Formigoni obbligato ad allargare la sua giunta alle donne solo grazie alle vie legali. Altro esempio Treviglio, seconda città della Bergamasca, dove il sindaco e la sua giunta Pdl-Lega sono passati sopra alla bell’e meglio a uno statuto comunale che faceva della cittadina della Bassa il fiore all’occhiello italiano in fatto di pari opportunità.
E potremmo andare avanti per ore, citando casi emblematici dell’arretratezza politico-sociale che rende il nostro Paese distante anni luce dalle democrazie del Nord Europa. Preferiamo invece guardare alle novità portate dai movimenti al femminile. In primo luogo a quel modo di pensare – tutto concretezza e poca fuffa – che è mancato ai partiti italiani e ai loro leader negli ultimi trent’anni. Quello femminile è, prima di tutto, un modo diverso di concepire l’etica. E non è un caso che, mentre buona parte dell’attuale classe politica annega nella corruzione, non ci sia una sola donna indagata dalla magistratura per reati connessi all’uso illecito della cosa pubblica. Tutto si può dire, anche della maggioranza delle donne attualmente impegnate in politica, ma non che abbiano le mani sporche di denaro dei cittadini. In un Paese dove la piaga della corruzione costa xxx miliardi euro l’anno, far crescere una classe dirigente nuova, integra di fronte alla cosa pubblica, sarebbe già un gran passo in avanti.
Da Bergamosera.it